Il sogno di "The Artist"
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Il sogno di "The Artist"
The Artist
Hollywood, fine anni ‘20. George Valentin è un divo del cinema muto, adorato dal pubblico. Il giorno della prèmiere del suo ultimo film, durante un bagno di folla, l’aspirante attrice Peppy Miller lo abbraccia davanti ai fotografi e la foto finisce su tutti i giornali. I due si incontrano di nuovo sul set e tra loro scatta qualcosa che però non va in porto perché lui è sposato. Nel frattempo arriva il sonoro e mentre la carriera di Peppy decolla, quella di George crolla, la moglie lo lascia e lui finisce sul lastrico.
Nell’industria cinematografica esiste una regola non scritta: i film sul cinema non fanno cassetta. In realtà, esistono diverse eccezioni celebri a questa regola, come Cantando sotto la pioggia, Viale del tramonto, E’ nata una stella. Ed è proprio a questi tre capolavori che sembra volersi rifare, con qualche strizzatina d’occhio, The Artist. C’è il tema del divo del muto distrutto dall’innovazione tecnologica del sonoro - come nei primi due - e quello del pigmalione che lancia la sua pupilla per poi esserne sopraffatto - come nel terzo.
Ma c’è molto altro. C’è, innanzitutto una grande scommessa produttiva, girare un film in bianco e nero, che parla del cinema muto e, soprattutto, è muto, con solo musica e didascalie, in un periodo in cui sembrano esistere solo i film di supereroi in 3D. C’è un’eleganza sopraffina tanto nella regia quanto nella storia, la capacità, quasi anacronistica, di evitare qualunque tipo di volgarità.
C’è il piccolo miracolo del misconosciuto regista Michel Hazanavicius che dimostra di conoscere e di aver assimilato perfettamente il cinema degli anni ‘20 e ‘30 - lo si vede negli spezzoni dei film girati dal protagonista, in cui troviamo echi tanto del Metropolis di Fritz Lang, quanto del cinema seriale d’avventura dell’epoca - ma riesce ad evitare totalmente la pedanteria del cinefilo accademico, non pretende dal pubblico la conoscenza di quel cinema.
C’è la recitazione superlativa di tutto il cast, in particolare del protagonista Jean Dujardin, sconosciuto da noi, famoso come comico in Francia, che riesce tanto a rappresentare i modi e i vezzi dei divi dell’epoca, quanto ad essere credibile come uomo disperato nella spirale del fallimento. Di volto somiglia al Gene Kelly de I tre moschettieri e de Il pirata, ha una capacità di danzare quasi allo stesso livello, e una gestualità e mimica facciale che ricordano il giovane Clark Gable ma soprattutto l’ormai dimenticato Douglas Fairbanks (a cui, probabilmente, il suo personaggio è ispirato) idolo di tutti gli americani ai tempi del muto e improvvisamente finito nell’oblio, come tanti altri, all’avvento del sonoro.
Ma c’è anche un altro punto di assoluta originalità, di questi tempi, che avvicina in qualche modo The Artist allo spirito di Frank Capra: la purezza dei personaggi. In Viale del tramonto l’ex diva era diventata chiaramente una dissociata che intesseva rapporti malati con schiavi-amanti. In E’ nata una stella il successo avvelenava l’amore trasformandolo in odio. Qui non c’è nessuna meschinità, nessuna cattiveria se non la spietatezza del sistema. Il protagonista è malato d’orgoglio ma è un uomo di cuore che ama il suo cane come un bambino, la protagonista ti spiazza perché non è la solita attrice arrampicatrice ma una ragazza che fa di tutto per salvare il suo idolo, persino il cane ha un ruolo chiave nella storia, dettato dall’amore che nutre per il suo padrone.
The Artist è un film sui sogni. Gli incubi del protagonista - che in una sequenza magistrale di gusto surrealista sogna un mondo pieno di suoni tranne quello della sua voce - e il sogno del cinema, esperienza onirica per gli spettatori, sogno ad occhi aperti per coloro che vogliono farlo. Sogno che il più delle volte si trasforma in incubo, ci dice non tanto la vicenda principale quanto la fugace apparizione di un invecchiatissimo Malcolm McDowell (protagonista, a suo tempo, di Arancia Meccanica di Kubrick) nel ruolo di un anziano signore che fa la fila per ottenere una comparsata in un film.
Stefano Pastore
Stefano Pastore- Messaggi : 3
Data d'iscrizione : 15.12.11
Località : Roma
Re: Il sogno di "The Artist"
Questa recensione è uno sguardo di altura, per competenza, qualità e messa a fuoco. Il film è una rievocazione del momento più importante della storia del cinema: il passaggio al sonoro. La scelta del film è ardita e pulita alllo stesso tempo. Michel Hazanavicious mette in risalto l'evidenza della potenza della settima arte, laddove il campionario umano emerge nella sua potente e sottile grandezza: il trionfo e la sconfitta, il dolore e l'amore, senza intellettualismi, ma solo con la lente pura di uno sguardo umano.
Andrea Galgano- Moderatore
- Messaggi : 17
Data d'iscrizione : 18.08.11
Re: Il sogno di "The Artist"
Grazie Andrea!
Stefano Pastore- Messaggi : 3
Data d'iscrizione : 15.12.11
Località : Roma
Re: Il sogno di "The Artist"
Recensione puntuale, colta, impeccabile. Visto il film, l'ho riletta e l'ho trovata ancora più aderente. Al di là dell'insieme, trovo che l'attore protagonista di The Artist sia bravissimo, e che abbia saputo perfettamente interpretare il gioco di una fine e di un inizio. Capita talora nella vita di dover attraversare una palude per imparare a nascere ancora, e questo film vuole essere anche un tratteggio di cose che finiscono, per cominciare in modo nuovo, migliore, più utile ai bisogni dell'uomo.
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