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Storie di ombre e di una fantastica felicità: Eliza Bolli.

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Messaggio Da Irene Battaglini Dom Nov 20, 2011 12:40 am




STORIE DI OMBRE E DI UNA FANTASTICA FELICITA'

Il potere estetizzante della vittima nei digital paintings di Eliza Bolli, collezione “Beauty in the Beast”.

Storie di ombre e di una fantastica felicità: Eliza Bolli. Locand10
Beauty in the Beast è un lavoro composito, argomentato. Le quattordici tavole di Eliza Bolli, occultate dentro casseforti di legno elegante al pari di gioielli cromatici, sono incidentalmente curate in digital paintins, ed esprimono tutta la potenza pop-surrealistica di un’artista giovane, dal talento saturnino, saggio, che invita alla contemplazione silenziosa.

Le opere in mostra obbligano ad una decifrazione a più livelli. In prima istanza, lo sguardo psicodinamico è catturato dalla necessità di convergere dentro a schemi consumati, come ad esempio il rapporto vittima-carnefice in
Fedele come un cane, la metaforizzazione dell’antropomorfismo come luogo per il perturbante con L’uccellino azzurro della felicità e il fenomeno naturale, ma anche l’allusione allo stereotipo psicopatologico e allo stigma diagnostico con la rorschachiana Mosca Bianca, icona dell’album; al bambino perverso e polimorfo di Freud in Sano come un pesce, al capro espiatorio di Scapegoat e Agnus Dei, alla seduzione dell’idea suicidaria della Gatta Morta e alla violenza ferina in Porzione per una volpe.

Si tratta di lavori colti, il cui sconfinamento nell’allegorico è generato non solo alla commistione delle forme umane con quelle degli animali, ma alla natura evocativa delle pose dei personaggi, che in molte occasioni stanano il semidivino dall’archivio immaginale, come la Dea Kalì in Nuda come un verme e Pan con
La Lupa.

I tanti volti, i profili stessi, sono così separati l’uno dall’altro, sebbene abbozzati nei nasi corti e schiacciati e nei grandi occhi tondi, eppure così definiti in espressioni declinate in mimicries in grado di dire emozioni le più diverse. Nel contempo tra loro c’è la simpatia del sentirsi vicini, quasi un fraterno accordo, a raccontare di un’appartenenza senza primogenitura alla stessa madre-artista.

La tecnica della tavoletta grafica e dell’apporto manuale è perfettamente padroneggiata, l’artista sa bene come comporre una figura, tanto da farla quasi sembrare scultorea e pronta per l’animazione, ma senza arrivare all’estremo punto di saturazione esercitato da Ray Caesar e da Mark Ryden con il concretismo tridimensionale per l’applicazione di un controllo totale dell’immagine: Eliza Bolli tiene sempre il fuoco sulla dignità pittorica e sull’amore per il processo di produzione dell’opera d’arte.

Nell’arco della sua vasta produzione, pittorica e letteraria, già Alberto Savinio, propose la compenetrazione uomo-animale, osò mescolare il surrealismo delle forme all’ironia del messaggio, esprimendo una competenza istrionica che caratterizza sicuramente anche l’arte di Eliza Bolli. Savinio si occupò di temi come il mascheramento, il citazionismo didascalico, l’ermafroditismo, e non a caso fu l’unico italiano ad essere incluso nell'Anthologie de l'humour noir di André Breton.

La relazione servo-signore, così come indagata da Eliza Bolli, non si limita alla questione dei ruoli inizialmente distinti e contrapposti, ma vuole alludere alla dipendenza affettiva e alla co-dipendenza, nella formulazione che ne ha dato il filosofo Hegel. Si tratta di una relazione complessa, che si sviluppa in due direzioni, fino a portare il padrone ad essere dipendente dal servo, a non possedere più l'autosufficienza, aprendo al cambiamento e alla necessità della consapevolezza sul potere e i vantaggi della condizione di dipendenza.

Si mescolano il bene e il male, si avvicendano nella relazione il monologo dell’oppressore di fronte alla sottrazione dell’oggetto-vittima, e il lamento deliziato dello slave naufragato nel proprio mare di lacrime sorridenti. Nei lavori di Eliza Bolli, lo schiavo-uomo non si sottrae al potere del carnefice-mondo in forza dell’odio respingente. E’ concessione continua, è evidenza di dono, è la dolorosa egemonia del piacere della pelle a nutrire la hybris narcisistica in una condizione di aggravante grandiosità. Il passato delle vittime è ammaliante, misterioso, e mette il padrone in cattività, colludendo con una captive communication, aprendo e chiudendo la propria disponibilità con dolcezza mai mortale ma sempre vagamente mortifera, estetizzante, con la passione della consapevolezza del proprio poter stare in entrambe le condizioni, a seconda del desiderio dell’altro, in una sindrome sadomasochistica che non denuncia, ma racconta senza perversione una indulgente storia d’amore tra dolore e felicità.

Di fatto, ad un secondo stadio esplorativo, le strategie estetizzanti di Eliza Bolli sembrano costituire un complesso e forse meditato artificio retorico per manifestare la gabbia mnestica in cui sono intrappolati i fatti immaginali, una gabbia arricchita da didascalie misurate, ironiche, infantili, grottesche, cantilenanti. Ritornelli magici come «Otto conigli saltavan lo steccato, uno cascò perché era inciampato. Sette conigli giravano in tondo,uno finì in un buco profondo» per
The last bunny, brulicanti di giocosità in «Pomposa come una cortigiana di fronzoli abbellita Assurda come un'oca erudita Fragile come il cuore dell'acclamata Evita» per Oca Giuliva, fino a celebrare l’oniromantica visione della Cerva d’Oro, con il sonetto:

Una candida cerva sopra l’erba
verde m’apparve, con duo corna d’oro,
fra due riviere, all’ombra d’un alloro,
levando ’l sole a la stagione acerba.

Era sua vista sí dolce superba,
ch’i’ lasciai per seguirla ogni lavoro:
come l’avaro che ’n cercar tesoro
con diletto l’affanno disacerba.

«Nessun mi tocchi - al bel collo d’intorno
scritto avea di diamanti et di topazi - :
libera farmi al mio Cesare parve».

Et era ’l sol già vòlto al mezzo giorno,
gli occhi miei stanchi di mirar, non sazi,
quand’io caddi ne l’acqua, et ella sparve.


(Francesco Petrarca, Sonetto CXC)

L’immagine di fondo di ciascuno di noi, la tessera che non si può raggiungere, è costretta ad essere richiamata da questo eros, e sta qui la genialità espressiva dei lavori in mostra negli Inner Underground fino al 9 dicembre. Un’energia che attinge dal cibarsi di forme in cui la bestialità e la bellezza sono polarizzazioni nella notte saturnina, in cui l’uomo deve diventare avvezzo all’impurità, dissolvere il proprio stato di perfezione preadamitica, e scendere a patti con il potere mistificante della natura, con il principio corporeo, a ibridarsi in un ambiente incombente e scabroso.

Questa bipolarità non si configura tanto nella contrapposizione luce-tenebre, quanto nella visione gnostica tra pienezza apollinea del divino mondo della luce, e vuoto del mondo terreno delle apparenze in cui tutto si fa ruolo, interpretazione, soggettività relativistica senza verità.

In questo rapporto serio tra pleroma e kenoma, la Kalì di Nuda come un verme diventa una Medea, la Mosca Bianca rimanda alla metamorfosi kafkiana e il potere della vittima di Agnus Dei ci porta direttamente nelle fauci dissacranti del lato oscuro e superstizioso dell’uomo. Rinchiusa nelle prigioni del corpo, l’anima verrebbe ingannata dai sensi, saturata, oppressa. La cattiva novella della bestialità è invece in grado di rivelare l’orrore della situazione: la scintilla si manifesta quindi nella violenza di potenze ctonie, nell’esilio della materia, e finalmente l’immagine primigenia è libera di tornare alla sua patria divina, ma con una nuova prepotente responsabilità.





Irene Battaglini
Inner Underground via Giotto 49_Polo Psicodinamiche
Prato, 19 novembre 2011

ceo@polopsicodinamiche.com



Siamo spesso da biasimare in questo, è ben provato che con un'aria devota e un'azione pia inzuccheriamo lo stesso diavolo.

William Shakespeare, Amleto



Leggi anche l'annuncio-recensione della Mostra di Eliza Bolli agli Inner Underground


Ultima modifica di Irene Battaglini il Dom Nov 20, 2011 4:32 pm - modificato 1 volta.
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Messaggio Da Ospite Dom Nov 20, 2011 2:20 pm

E' sempre particolare scoprire cosa suscita un tuo lavoro nella mente dell'altro. Il tuo articolo mi ha fatto sentire come se io per prima avessi considerato il messaggio dei miei quadri con leggerezza... è bello che essi, da soli, riescano a spiegarsi più di quanto non possa fare io. Grazie.

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Messaggio Da Andrea Galgano Dom Nov 20, 2011 3:22 pm

Lavoro e sguardo sul lavoro semplicemente unici e pregni di grande essenzialità e prospettiva. La legerezza è un talento che non si finsce mai di apprendere. Ce lo insegna Boccaccio con la novella di Guido Cavalcanti, ce lo ricorda Paul Valery molti secoli dopo. La pregnanza di questo testo va nel fuoco dell'arte e rimane, inevitabilmente, impregnato di odori e di occhi.
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Messaggio Da Ospite Lun Nov 21, 2011 4:42 pm

On candystripe legs the spiderman comes
Softly through the shadow of the blissfully dead
Looking for the victim shivering in bed
Searching out fear in the gathering gloom
Suddenly!
A movement in the corner of the room!
And there is nothing I can do
When I realise with fright that
The spiderman is having me for dinner tonight!

The Cure, "Lullaby"



La critica di Irene Battaglini è un’istantanea perfetta della percezione dell’osservatore di fronte ai digital paintings di “Beauty in the Beast”.
Appena varchiamo la soglia degli Inner Underground che ospitano la mostra siamo catapultati in un ambiente apparentemente sicuro ed avvolgente, una casa della nonna dove tutto è soffice ed ovattato: i tappeti persiani, i centrini, i paralumi, il grammofono da cui escono dolci note di un tempo lontano.
Basta un attimo, però, per rendersi conto che quest’apparente tranquillità altro non è se non proprio apparenza, che qualcosa di indicibile si cela tra le mura: lumini sono sparsi nella stanza e ai piedi dei quadri come ex voto ai piedi delle icone dei santi, la musica, le dolci note emanate dall’amplificatore creano dissonanze, dietro cui si potrebbe celare un diabolus in musica, ingannatore dell’orecchio umano.
Condivido in pieno con l’autrice il rimando all’arte di Savinio: la compenetrazione uomo-animale con una tendenza alla parodia dei soggetti mitologici e degli animali fantastici, nelle opere di Eliza Bolli, è uno smascheramento degli inganni e delle certezze della borghesia bigotta. Non solo Savinio, però: La Mosca Bianca, scabrosa e bellissima aggrappata ad una carta da parati dal sapore fintamente lezioso, mi ha riportato ad una metamorfosi kafkiana:

“Gregor Samsa, destandosi un mattino da sogni inquieti si trovò trasformato nel suo letto in un enorme insetto ripugnante. Se ne stava sulla schiena, dura come una corazza, sollevando un po’ la testa scorse il suo ventre arcuato, scuro e diviso in tanti segmenti ricurvi, in cima a cui la coperta del letto ormai prossima a scivolar giù tutta, si manteneva a fatica. Le numerose zampe, penosamente fitte e sottili se comparate alla sua normale corporatura, annaspavano senza tregua proprio sotto il suo sguardo”.

Franz Kafka “La metamorfosi” incipit.


“Nuda come un verme” è in assoluto il quadro dal più alto richiamo erotico: la protagonista con il suo “malefico splendore da innocente” esorta l’osservatore a prenderla in pasto, in un rimando “slave-master” puramente sadomasochista. “Tanto gentile e tanto onesta pare”, apparentemente vittima , in realtà una Medusa, bellissima e fiera, che trasforma in pietra gli occhi che “l’ardiscon di guardare”.


Beauty in the Beast ha il sapore bohemienne e sfrenato della Scapigliatura ottocentesca: personaggi pronti al
bene quanto al male, inquieti, travagliati, turbolenti e tuttavia meravigliosi e seducenti. Un’attrazione che non si esercita: si subisce.

Il paradossale Sano Come Un Pesce, gli occhi rossi dallo sguardo vacuo del blasfemo Agnus Dei, la suicida Gatta Morta ci riportano alla Fosca di Iginio Ugo Tarchetti, straordinariamente orribile e insieme intensamente attraente: con il suo volto dagli zigomi e le ossa sporgenti, il fisico alto e scheletrico prodotto del dolore fisico e della malattia, il pallore del viso hanno però nell’insieme una grazia ed un’eleganza sorprendenti.
Al pari di Fosca, Beauty in the Beast incarna la malattia, che contagia l’altro e ne assorbe le forze vitali, ma al contempo lo nutre e lo attira:

"Quando bacio il tuo labbro profumato, cara fanciulla, non posso obbliare che un bianco teschio v'è sotto celato. Quando a me stringo il tuo corpo vezzoso, obbliar non poss'io, cara fanciulla, che vi è sotto uno scheletro nascosto."
Iginio Ugo Tarchetti, "Memento"

Beauty in the Beast è quindi un viaggio nel Giardino Incantato, ma nel contempo una caduta dal Paradiso.
La dicotomia tra le opposte realtà del bello e del bestiale, del sacro e del blasfemo, della sanità e della malattia altro non sono che il senso sottile e il significato più profondo della mostra: l’oscillazione continua fra desiderio e repulsione, tra puro e scabroso, apollineo e dionisiaco, razionale e irrazionale, luce e ombra.


"Perché dissi che Dio imbrogliò il primo uomo,
lo costrinse a viaggiare una vita da scemo,
nel giardino incantato lo costrinse a sognare,
a ignorare che al mondo c'e' il bene e c'è il male."

Fabrizio De Andrè, "Un bl
asfemo"


Ultima modifica di Daniela Bini il Lun Nov 21, 2011 6:24 pm - modificato 1 volta.

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Messaggio Da Irene Battaglini Lun Nov 21, 2011 5:01 pm

Carissimi, sono fiera di poter avere interlocutori del vostro rango ai quali la mia lettura possa risultare interessante. E sono anche felice che si possa attivare una discussione.
In particolare vorrei dire a Daniela: il Tuo resoconto è oltremodo vicino al mio sentire; il riferimento erotizzato di Beauty in the Beast deve essere speso nella misura in cui non può essere confuso con l'eros, che è un'altra questione. E' per questo che si rende necessario esplicitare anche questa dimensione che tende ad essere invece non-detta, come se fosse in-dicibile, ma così non è.
Ad Andrea: grazie. Sei stato generoso oltremodo. La leggerezza è un talento che possiedi anche tu e che mi insegni continuamente con i tuoi lavori che ne sono un esempio indiscutibile, anche quando trattano argomenti che richiedono un approccio alla complessità.
Ad Eliza, grazie a Te, per esserti messa in gioco al Polo Psicodinamiche. Speriamo di poter vedere presto la tua prossima collezione. Ad olio, se non ricordo male. Siamo curiosissimi.
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Messaggio Da Leonardo Donati Mar Nov 22, 2011 2:43 am

Luce calda, accogliente allo sguardo, atmosfera arcaica, pangea di
essenze palesate con astuzia e naturalezza. Sassate su specchio che
crepan silenzi. Eco di alchimie e chimiche sussurrate dal sogno proibito
di un'alcova notturna. Sacro e profano. Amore e odio. Come scatti in
controluce che non t'impongono un'interpretazione ma che liberano
l'estro. Chapeau

Leonardo Donati

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Messaggio Da Ospite Mer Nov 23, 2011 12:31 pm

Tanto di cappello a Leonardo, per la sua interpretazione ricca di risonanze.
Sacro e profano.
Amore e odio.
Luce e ombra.
Desiderio e repulsione.
Beauty in the Beast.
Emerge quindi il tema del doppio: la scissione dell'Anima tra rigore e controllo da una parte, e passione e sregolatezza dall'altra.
Ritorniamo, secondo me, al tema dello smascheramento degli inganni e delle certezze: ognuno di noi cela sotto una facciata rispettabile da esibire negli ambienti mondani (Beauty), un substrato di pulsioni, passioni ed esigenze celate dietro una pirandelliana maschera di convenienza sociale (Beast).
Emblematica è la storia del Dr. Jekyll e Mr. Hyde di Stevenson:

"Eppure, guardando quella brutta immagine allo specchio, non provavo alcuna ripugnanza, ma un moto di soddisfazione. Anche questo ero io. Ai miei occhi esso denotava uno spirito più vivace, era più immediato ed unitario dell'altro".
E. R. L. Stevenson, "Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde".

Questo mi suggeriscono le opere di Eliza: dove si trova l'equilibrio tra spirito dionisiaco e spirito appollineo?

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Messaggio Da Irene Battaglini Mer Nov 23, 2011 1:04 pm

Alla domanda di Daniela. Proviamo a riflettere.
L'equilibrio non può essere dato da una condizione ma da un tentativo, spesso con ragguardevole dispendio psicologico, e solitamente di durata infinita solo nel kairos in cui viene colto dalla coscienza, che lo ricolloca nel tempo lineare. L'equilibrio perseguito e raggiunto sarebbe una condizione entropica e quindi sarebbe sotto il regno di Crono e ci porterebbe alla depressione.
Il tentativo di rendere questo tentativo spendibile dall'uomo nella vita terrena, è possibile nell'opera contro natura dell'individuazione, che è ricerca del Sè e non solo di sé.
In definitiva non credo all'equilibrio come condizione vitale. Non si trova in alcun luogo, ma si sente in alcuni istanti di grazia e di armonia. Battiato ci invita al viaggio e non all'arrivo o alla partenza, ad esempio. Luce-Tenebre, occorre tener presente che tra questi elementi non vi è sempre scissione, spesso invadenza, ed è per questo che si avverte molto dolore. Meglio dire Luce con Tenebre, penombre, immanenze. Poiché il Sé è in tutto, ed è illuminato da una luce che è sempre trascendente e non è del regno delle apparenze, per questo non la si avverte, e si suppone che provenga dall'interno. Il tentativo di andare "oltre" è non solo dell'Anima, ma è intriso e informato di Anima, la quale spesso è imprigionata nella materia, non in contrapposizione, ma in uno scambio che ancora non è possibile, perché la materia è molto più fragile e quindi si chiude in cristalli che appaiono come sali minerali. Ed è anche per questo che esiste l'arte, per smuovere queste rocce con scosse telluriche, per far defluire il magma, per rendere possibile un processo di cambiamento e soprattutto di trasformazione.


Sulla dualità cosmica:

e la luce brilla nelle tenebre
ma le tenebre non l’hanno compresa
(dal Vangelo secondo Giovanni
)
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